Ferrante Gorian: Alberi come opere d’arte

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Ferrante Gorian era prima di ogni altra cosa un artista. Poi un botanico, un paesaggista, un uomo meticoloso, attento ai dettagli.

 

Le sue visite ricorrenti in tutti i vivai del Triveneto alla ricerca di “opere d’arte”, piante che lo colpivano per la forma insolita e che contrassegnava con un nastro rosso, sono diventate una leggenda. Al momento di stendere il progetto di un giardino, ricordando le piante che gli erano piaciute, destinava ora l’una ora l’altra a un punto ben preciso, dove avrebbero creato armonia e bellezza. Le specie che sceglieva, quasi tutte caduche e con foglie leggere, non erano necessariamente autoctone, ma la profonda conoscenza e i tredici anni trascorsi in Uruguay a fianco dei migliori architetti paesaggisti del mondo (vedere Gardenia n° 319, pag. 72) non gli facevano sbagliare un colpo. Essenze straniere, sì, ma adatte al clima dove andavano a stare. Lo dimostrano i suoi giardini, sempre più belli man mano che la sgorbia del tempo incide i suoi segni.

 

Non fa eccezione il giardino di Roncade, in provincia di Treviso, una delle ultime creazioni, iniziata nei primi anni Novanta e bruscamente interrotta nel 1995, anno della sua scomparsa. Una sfida difficile, perché il parco corona la splendida, settecentesca villa veneta Ca’ Morelli, di proprietà della famiglia Lucatello. «Tra l’architetto Gorian e me c’è stata subito una grande sintonia», racconta Nadia Lucatello, «Lui mi spiegava il perché della scelta di alcune essenze, ascoltava i miei desideri e cercava punti d’incontro. Il suo lavoro è stato lungo e ponderato, a partire dalla ricerca delle piante in vivaio, e il risultato è un giardino affascinante, sempre più bello con il passare del tempo e pieno di forza tutto l’anno. In primavera, amava dire, è come un bambino che nasce, tutto lilla-rosati e verdi tenui; d’estate e violento, passionale, con toni decisi; in autunno diventa una romantica tavolozza di colori; in inverno, infine, con la neve posata sui rami nudi e contorti, è una scultura».

 

Gorian non amava le piante uguali a se stesse come i sempreverdi e infatti le zone antistanti l’edificio, bordate da bossi in forma e ombreggiate da grandi esemplari di Magnolia grandiflora e M. denudata, Cedrus deodara e C. atlantica, non sono opera sua. Il paesaggista ha restaurato la zona a nord, dove ha messo a dimora una miriade di ciliegi, meli e melograni da fiore, carpini piramidali, viburni, buddleje, catalpe, olmi, Lonicera tatarica e L. xylosteum, Liquidambar formosana, Pterocarya fraxinifolia, Koelreuteria paniculata, oltre a una grande varietà di aceri italiani, giapponesi e americani, essenze tutte che si confondono con il paesaggio retrostante.

 

Alberi e arbusti sono disposti a semicerchio e delimitano un grande prato costeggiato da un sentiero, che invita chi passeggia a scoprire gradualmente ogni angolo. Con i colori, le forme e i profumi, Gorian costruiva paesaggi che non sottostavano a rigidi disegni architettonici, ma si modificavano, integrandosi con 1′ambiente. E perché l’aspetto fosse il più possibile naturale tutto era curato nei dettagli e tutto era importante, anche la disposizione di una pietra raccolta lungo le rive del Piave durante una passeggiata.

 

Poche le fioriture, che vanno dal lilla al bianco. Il perché di una scelta quasi monocromatica ce lo spiega Pier Luigi Priola, il vivaista trevisano re delle erbacee perenni: Quando ho avuto la fortuna di conoscere Ferrante Gorian ero un giovane giardiniere desideroso di imparare, perciò non mi sembrò vero di collaborare con lui, del quale apprezzavo il modo di affrontare il lavoro. Cercando di soddisfarne le precise esigenze, ho capito l’importanza dei colori puri nei fiori e l’inutilità di mix senza personalità. Avere a disposizione toni separati consente di creare abbinamenti e giochi di colore, oltre a spingere alla scoperta di varietà nuove. Lavorare per Gorian era istruttivo, ma anche difficile&raquo, continua Priola. &laquoUna volta ci sono volute più di quattro ore per piantare un Vibumum rhytidophyllum: spostare, inclinare, ruotare…infiniti tentativi, fino a raggiungere il risultato voluto. Scelto il posto, ogni pianta doveva essere messa a suo agio: buche enormi, terra smossa in profondità, terriccio organico in abbondanza. Ecco perché dopo tanti anni i suoi giardini non deludono&raquo.

 

In quello di Roncade il paesaggista aveva previsto di inserire rose e ortensie nelle aiuole vicino a casa, ma non fece in tempo. La realizzazione è Stata compiuta dalla vivaista Vivaio Anna Peyron che, dopo aver studiato i disegni originali, ha proposto, tra le altre, le rose “May Queen”, il cui profumo di mela si intensifica con la pioggia, “Lady Hillington”, un cespuglio compatto dal profumo di tè, e “Kiftsgate”, sarmentosa a fiore panna. La proprietaria ha infine inserito le ortensie: “Libelle“, “Soeur Thérèse” e Hydmngea quercifolia “Snowflake”, la preferita di Gorian.

 

Idee per creare la stessa atmosfera

 

L’opera di Ferrante Gorian

 

Pier Luigi Priola, il più grande collezionista di erbacee perenni in Italia, quando era un giovane giardiniere – e in seguito un vivaista affermato – ha lavorato a lungo con Ferrante Gorian. «Da lui ho imparato il rigore, la passione per la ricerca di nuove varietà, la cura dei dettagli», racconta. Per ricordare il paesaggista, scomparso nel 1995 a 82 anni, la famiglia Gorian e Priola nei prossimi mesi organizzeranno una mostra, con esposizione di alcuni suoi disegni e carteggi e proiezione di immagini dei giardini.

 

Articolo apparso su ‘Gardenia’ numero 332 – dicembre 2011.